
Tirivoglie
Se non avessi fatto il lievitista, sarei sicuramente diventato un cioccolatiere!
Il cioccolato mi ha sempre affascinato. Qualcuno ha detto che è lui il vero cibo degli dei. Del resto, chi è che non ama il cioccolato?! Le ultime ricerche dicono che 11 persone su 10 adorano il cioccolato. 😉
A differenza delle persone “comuni” però, io non amo solo mangiarlo ma anche realizzarlo. Forse quello che tanto mi attira della produzione del cioccolato, è la stessa cosa che mi ha fatto innamorare della lievitazione; la sua difficoltà.
Sono il tipo di persona che quando apre gli occhi al mattino se non ha le giuste motivazioni, non mette nemmeno piede giù dal letto. Per mia fortuna, avevo 17 anni l’ultima volta che sono rimasto a letto fino a tardi. Poi ho scoperto il Panettone, buono, soffice, profumato ma anche estremamente complesso da realizzare. Da allora, creare il Panettone “perfetto”, è diventata la mia più grande sfida, un’ossessione che mi teneva sveglio anche di notte. Ma fortunatamente un’ossessione produttiva.
Purtroppo oggi tanti ragazzi sono invece in preda di ossessioni e dipendenze distruttive.
Ammetto quindi di essere stato molto fortunato a trovare subito la mia “dolce dipendenza”.
Ma tornando alle similitudini tra l’arte della lievitazione e quella cioccolatiera, posso affermare che fare un Panettone (o un Pandoro) a regola d’arte non è di certo alla portata di tutti. La stessa cosa vale per il cioccolato. Non puoi trovare la videoricetta su YouTube ed aspettarti di fare un Panettone in casa che si scioglie in bocca o un cioccolato da maître chocolatier. Anzi, probabilmente non basteranno nemmeno diversi mesi. Personalmente ho impiegato anni per riuscire a fare un Panettone degno di essere fatto assaggiare a qualcuno al di fuori dei miei famigliari.
Questo perché nella realizzazione di entrambe le tipologie di prodotto, si nascondono sempre tantissime insidie.
Se per il Panettone queste difficoltà riguardano la gestione del lievito madre, la calibrazione dell’umidità e del livello di zuccheri nell’impasto, ecc… , per il cioccolato non è facile destreggiarsi ad esempio con la sua corretta cristallizzazione, i tempi di cottura o di raffreddamento.
Per questo, creare la mia prima proposta di praline al cioccolato, è stato per me un momento molto appassionante e sfidante.
Fin da subito avevo deciso che i miei cioccolatini dovevano fondere insieme il mio grande amore per i lievitati con il fascino che la cioccolateria ha sempre generato nei miei confronti.
Fu così che l’ispirazione mi venne durante uno dei miei viaggi all’estero. Mi trovavo in una pasticceria belga, quando stavo gustando delle praline di cioccolato ripiene di marzapane (il pasticciere mi disse che era un loro dolce tipico). La copertura di cioccolato era semplicemente sublime! Croccante, non eccessivamente dolce e con una scioglievolezza perfetta. A mio avviso però, il ripieno di marzapane non gli rendeva giustizia.
Mi venne così l’idea di sostituire i ripieno di marzapane con l’impasto del mio Panettone.
Tornai in Italia e mi misi subito a lavoro per giorni interi sulle nuove praline. Dopo qualche giorno, erano pronti i primi esemplari destinati alla prova d’assaggio della critica. Ora dovevo solo capire chi fossero questi critici. Ero sull’uscio della porta del mio laboratorio mentre ci pensavo e vidi dei bambini giocare seduti sul marciapiede di fronte. Allora pensai che non c’è niente di più bella al mondo della genuinità e sincerità dei bambini. I Bambini non mentono mai! E furono proprio quei bambini i primi “tester” dei miei cioccolatini.
Li guardai con grande curiosità e divertimento assaggiare le mie praline e dalle loro facce sorridenti e dalla velocità con cui li divorarono, capii che forse questi cioccolatino avrebbero potuto avere un futuro.
La prova del nove fu la loro esposizione nella pasticceria di Potenza, la Tiri Bakery & Caffè. Fui entusiasta quando i miei collaboratori mi dissero che la produzione di una settimana delle praline fu spazzolata via in un giorno. I clienti ci riferirono che erano praticamente una droga per loro tanto era la dipendenza che creavano.
Qualcuno addirittura mi disse: “Maestro, se ne provi uno hai voglia di mangiare tutta la scatola. Una tira l’altra”.
Decisi così di chiamarle “Tirivoglie”, le praline dal cuore lievitato.